Leggere Lolita a Teheran

Si possono rivivere le atmosfere di un libro raccogliendo la sua flora? Proveremo a farlo nella rubrica "Erbario Letterario".

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Con la rubrica Erbario Letterario, soffermandoci di volta in volta su un’opera diversa, scopriremo come libri apparentemente insospettabili siano in realtà ricchi di riferimenti botanici.

In questo capitolo ci dedichiamo a Leggere Lolita a Teheran, il libro di Azar Nafisi che racconta la vita della scrittrice in Iran nei due decenni successivi alla rivoluzione di Khomeini.

Madame Scipion Cochet, Rosa Hardy, 1881
Madame Scipion Cochet, Rosa Hardy, 1881.

Rosa di Persia

«Circa un mese dopo che ebbi deciso – senza dirlo per il momento a nessuno – di lasciare la Allameh Tabatabai, io e Yassi ci incontrammo di fronte al cancello verde dell’università. Da un lato una strada ampia, che sembrava arrivare dritto fino alle montagne. Dall’altro, invece, il giardinetto della Facoltà di Lingue e Letterature Persiane e Straniere, dove la rosa persica e altri fiori circondavano una piccola fontana ornamentale, senz’acqua, con una statua spezzata nel mezzo.»

P.-J. Redouté, Narcisi doppi (Narcissus gouani), 1827.

Narcisi bianchi e gialli

«Stavo preparando il tè quando suonò il campanello. Ero così assorta che la prima volta nemmeno lo sentii. Andai ad aprire. Era Mahshid. “Ho pensato che fosse uscita” disse, porgendomi un mazzolino di narcisi bianchi e gialli. Guardandola togliersi la veste le indicai il grande velo nero: “Non ci sono uomini in casa -puoi levarti anche quello”. Indugiò a lungo prima di scioglierlo.»

«Era un mattino tranquillo, pieno di pace. Con indosso il vestito lungo che portavo per casa, sedevo acciambellata su una poltrona del soggiorno […]. Dalla porta aperta della sala da pranzo arrivavano suoni diversi: il rubinetto aperto, l’acciottolio di pentole e padelle, una mezza frase rivolta ai bambini che giocavano nel corridoio vicino alla cucina, e un po’ ridevano un po’ bisticciavano. Mi ricordo tanti narcisi bianchi e gialli; il soggiorno era pieno di vasi di narcisi. Li avevo appoggiati per terra, accanto a un quadro che raffigurava altri fiori gialli in due vasi azzurri.»

 

Orchis botanical ilustration
Sydenham Edwards, Oncidium, 1812.

Orchidee gialle

«Azin e Mitra erano arrivate insieme. Azin si stava togliendo la veste nera tagliata a kimono – ci si vestiva molto alla giapponese in quel periodo – rivelando una blusa bianca che non faceva nemmeno finta di coprirle le spalle, grandi orecchini d’oro e labbra tinte di rosa. Aveva un rametto di piccole orchidee gialle. “Da parte di Mitra e mia” disse con quell’espressione tutta sua al tempo stesso crucciata e provocante.»

Willem Hekking, Dalie, 1806–1862.

Dalie

«Le sirene, la voce metallica che ci intimava di fare attenzione, i sacchi di sabbia per le strade, e le bombe, di solito la mattina presto o dopo mezzanotte; poi gli intervalli più o meno brevi tra un bombardamento e l’altro, Jane Austen e Henry James e le aule al quarto piano dell’edificio che ospitava la Facoltà di Lingue e Letterature Persiane e Straniere. Le aule […] si affacciavano su un giardino un po’ triste ma bello, sempre piuttosto trascurato, con una piccola fontana con al centro una statua scheggiata. Intorno alla fontana, cespugli e fiori che disegnavano cerchi e riquadri, e poi gli alberi. I fiori sembravano cresciuti a casaccio: qualche bella rosa, grandi dalie e alcuni narcisi. Tutte le volte che lo guardavo mi sembrava che quel giardino non appartenesse all’università ma fosse uscito dalle pagine di un romanzo di Hawthorne.»

Giorgio Gallesio, Prunus persica "Poppa di Venere", 1817.

Peschi

«“Il mio paradiso è azzurro come una piscina!” esclamò Manna, con gli occhi ancora incollati al quadro. “Dove abitavo c’era un grande giardino che apparteneva ai miei nonni. Ha presente quei vecchi giardini persiani, con peschi, meli, ciliegi, cachi e un paio di salici? I miei ricordi più belli sono di quando nuotavo nella nostra enorme piscina dalla forma strana. A scuola ero una campionessa di nuoto, e mio padre era molto fiero di me. Circa un anno dopo la rivoluzione è morto di infarto; il governo ha requisito la casa e il giardino e siamo stati costretti a trasferirci in un appartamento. Da allora non ho più nuotato. Il mio rimpianto è rimasto sul fondo di quella piscina. Sogno spesso di tuffarmi, per recuperare qualcosa che appartiene a mio padre e alla mia infanzia” aggiunse mentre ci spostavamo in soggiorno; il campanello aveva suonato di nuovo.»

P.-J. Redouté, Ulmus minor (Ulmus campetris), 1801.

Olmo

Gli alberi fanno spesso da contorno ai passaggi più intensi del libro. Sebbene non vengano specificate varietà, qui si è scelto l’olmo perché specie autoctona dell’Iran.

«Mi domando se riuscite davvero a vederci, sedute intorno al tavolino dal piano di vetro in una grigia giornata di novembre; anche le foglie gialle e rosse degli alberi, riflesse nello specchio della stanza, sono immerse nella foschia. Io e un paio di ragazze abbiamo sulle ginocchia la nostra copia di Lolita.»

«Non appena trovavo qualcuno disposto a starmi a sentire, gli raccontavo di Teheran, delle sue montagne e del clima così arido eppure così generoso, con tutti quegli alberi e i fiori che sbocciavano e crescevano sulla terra riarsa e sembravano nutrirsi della luce del sole.»

«[…] che tempi sono questi, se parlare di alberi è quasi un delitto. E poi c’è un verso, quasi alla fine, che dice più o meno: Ahimè, proprio noi che abbiamo voluto preparare il terreno alla gentilezza, non siamo riusciti a essere gentili.»

«Quella mattina avevamo trovato la neve e il sole, come avviene nei giorni più belli dell’inverno a Teheran. Nella morbida coltre che ricopriva gli alberi e si accumulava sui marciapiedi sembravano risplendere milioni di minuscoli soli.»

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