Teresa Wilms Montt ha attraversato la vita come un’ombra, lasciando dietro di sé l’eco triste della sua esistenza stanca, sempre errante e dolorosa. Nelle sue opere c’è la storia della sua anima nuda, pulita, radiosa come una stella; l’anima desolata di una donna che trovava la sua croce su ogni strada; che aveva sete e non poteva bere; che sognava di amare tanto e aveva l’amore sempre lontano: che era una moglie e una madre, senza un letto e senza una culla.
Nonostante i temi angosciosi, funerei e nichilistici di gran parte dei suoi scritti, ce ne sono altrettanti che si distinguono per la sua visione dell’amore e per la forza erotica di una donna che ha vissuto la propria vita assaporandone ogni momento. Uno di questi passaggi è il capitolo III dell’opera Del diario de Sylvia, inedita in italiano, che condividiamo di seguito.
Dal diario di Sylvia
Capitolo III
«Un bacio».
«Sì, Eugenio».
Lei tese le labbra, estasiata dall’amore, verso il marito dei suoi sogni. Il suo corpo tremava tra quelle braccia virili; ondate di sensualità l’avvolgevano fino a farle perdere i sensi.
«Sì; tutta tua».
La stringeva con la forza di un padrone devoto, perché possedeva ed era lo schiavo.
I suoi occhi blu, vellutati, stavano morendo di voluttà, e le sue labbra, insanguinate dalla passione, bevevano da quelle di lei il nettare della vita, con il piacere di un ubriaco.
«Mia, mia…».
Si udivano solo il fruscio delle sete e il debole lamento del letto.
Una lotta di sospiri fermò gli uccellini sul balcone, che credevano di sentire il richiamo dei loro fratelli, e i fiori nel vaso abbassarono le loro piccole teste rosse con sublime erubescenza.
Gli specchi si offuscarono; le lampade chiusero le loro pupille di luce, lasciando entrare la notte discreta.
«Amami, amore mio. Prendi la mia vita».
«La tua vita, sì; la tua vita con il tuo amore».
«Amore che è vita che trionfa, che chiede, che esige; amore, felicità, sogno, gloria…».
«Morire come tu muori, tra le mie braccia, è nascere al piacere, è nascere alla vera vita…».
«L’amore è il profumo che anestetizza e fa dimenticare la quotidianità dolorosa».
«Quello che mi hai dato, sono gli spasmi sublimi, sono i languori squisiti di chi agonizza incosciente».
«Ti amo…».
«E io ti adoro e ti desidero. Non ho mai avuto, nemmeno nei sogni, un presentimento di un amore più profondo; mai nella mia estasi con il Sole un annuncio di un’aurora più piena».
…
Un bacio si posò sulle labbra unite dei giovani sposi; i loro corpi affaticati si rotolarono sognanti sul letto.
Lì, nella notte, un usignolo fece ingelosire la luna con trilli da soprano, e la luna, tutta d’argento, si donava a lui con dolcezza nuziale.
Teresa Wilms Montt, un’anima libera e tormentata
María Teresa de las Mercedes Wilms nasce nel 1893 in una famiglia ricca e aristocratica del Cile. All’età di 17 anni, contro il volere dei genitori, sposa un giovane amante dell’opera come lei; da quel giorno, non viene mai più accolta nella casa dei genitori. Tra il 1911 e il 1913 nascono le sue due figlie, Elisa e Silvia Luz. Nello stesso periodo partecipa attivamente a incontri e circoli, mostrando la sua ammirazione per gli ideali dell’anarchismo e della massoneria, di cui diviene presto membro.
Cominciano presto i problemi coniugali: il marito, geloso e sconcertato dalla personalità eccentrica della moglie, si rifugia nell’alcol. Wilms Montt, da parte sua, inizia una relazione con il cugino del marito, dal quale riceve numerose lettere d’amore che finiscono nelle mani del suo legittimo marito che convoca un tribunale familiare per decretare la reclusione di Wilms Montt in un convento. Da quel momento in poi, le viene negato di stare vicino alle sue figlie e il suo cuore sanguinerà fino alla morte a causa di questa ingiusta condanna.
Fuggita dal convento, Wilms Montt si stabilisce a Buenos Aires, dove contribuisce alla prestigiosa rivista «Nosotros». Nel 1917 pubblica il suo primo libro, Inquietudes sentimentales: cinquanta poemi di prosa poetica con trame surrealiste accolte favorevolmente nei circoli intellettuali della capitale argentina. Nello stesso anno pubblica Los tres cantos, un’altra opera che gode di un immediato successo e nelle cui poesie esplora l’erotismo e la spiritualità.
Nel 1918, dopo aver viaggiato a Barcellona e New York, la scrittrice torna a Buenos Aires e pubblica Cuentos para hombres que son todavía niños (una raccolta di racconti d’infanzia di stampo autobiografico), mentre lavora a En la quietud del mármol e Anuarí, entrambe elegie dai toni lirici sulla morte dedicate al poeta argentino Horacio Ramos Mejía (morto suicida nel 1917 e con il quale Wilms Montt aveva avuto una relazione). La morte di Ramos Mejía, a soli vent’anni, colpisce profondamente la scrittrice per il resto della sua vita. Tornata in Europa e tormentata dalla sua inesauribile angoscia, viaggia a Londra, Liverpool e Parigi, tentando forse di scappare dai propri demoni.
Nel 1920 si riunisce brevemente alle figlie nella capitale francese; ma la felicità è di breve durata e, dopo la loro partenza, si ammala gravemente. Non riesce a riprendersi da questa crisi fisica e spirituale e, alla vigilia di Natale del 1921, pone fine alla propria vita assumendo una forte dose di barbiturici.
Il cuore soffoca
Teresa Wilms Montt
Il cuore soffoca è la prima raccolta in italiano delle opere di Teresa Wilms Montt, una delle più grandi poetesse del Novecento ispano-americano. Il volume raccoglie i suoi diari completi e una selezione di scritti poetici di carattere autobiografico (Inquietudini sentimentali, A mani giunte, I tre canti, Dal diario di Sylvia).
Traduzione e cura di Alessandra Pelizzaro.