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I Buddenbrook

Riviviamo le atmosfere e i luoghi del capolavoro di Thomas Mann attraverso la sua flora.

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Con la rubrica Erbario Letterario, soffermandoci di volta in volta su un’opera diversa, scopriremo come libri apparentemente insospettabili siano in realtà ricchi di riferimenti botanici.

In questo capitolo ci dedichiamo a I Buddenbrook, il capolavoro di Thomas Mann che racconta la decadenza di una famiglia tedesca dell’Ottocento e di un mondo, destinato a scomparire.

William Rickatson Dykes, Iris, "The genus Iris", 1913.

Giaggioli

«C’era silenzio e caldo. I profumi delle aiuole disegnate con cura riempivano l’aria serale, e la fontana circondata di alti giaggioli lilla mandava con un placido sciacquio il suo zampillo contro il cielo scuro, in cui cominciavano ad ardere le prime stelle.»

P.-J. Redouté, Ribes Rubrum, 1827.

Ribes

«Un pomeriggio di luglio caldo e senza nubi la famiglia fece una passeggiata. […] dopo la
merenda andarono a far due passi nel grande orto che scendeva fino al fiume, all’ombra di ogni sorta di alberi da frutta, tra cespugli di ribes e di uvaspina, aiuole di asparagi e di patate.
»

Oswald de Kerchove de Denterghem, Kentia, 1878.

Palma

«Per un dente… Il senatore era morto per un dente, si diceva in città. Ma, per diavolo, non si muore per un dente!
[…] Quello che si doveva fare ora, era mandar corone, grandi corone, corone costose, corone con le quali fare bella figura, corone che fossero descritte sui giornali e che dimostrassero quanto rispettabili e facoltosi ne fossero i donatori. E arrivarono, provenienti da ogni parte, […] corone d’alloro, di fiori profumati, d’argento, con nastri neri e scritte dorate. E rami di palma, enormi rami di palma…
»

«Intorno a quell’ora la signora Buddenbrook si sedette nella stanza dei paesaggi
e cercò di leggere un libro che portava un ramo di palma impresso in oro sulla
copertina di cuoio nero.»

John Stephenson e James Churchill, Papaver r., 1936.

Rosolacci

«Che delizioso giardino,» si interruppe, mentre accettava ringraziando un sigaro dal console, «davvero, per essere un giardino di città, è insolitamente grande! E che variopinta fioritura… oh, mio Dio, bisogna che confessi la mia debolezza per i fiori, e per tutta la natura! Quei rosolacci laggiù fanno un effetto straordinariamente decorativo…»

P.-J. Redouté, Lilac vulgaris, 1801–1819.

Lillà

«Era la piena estate del ‘74. Tondeggianti nuvole argentee attraversavano il cielo azzurro cupo, sopra l’elegante simmetria del giardino, tra i rami del noce cinguettavano gli uccelli in tono interrogativo, la fontana gorgogliava in mezzo a una corona di alti giaggioli viola, e il profumo dei lillà si mescolava purtroppo all’odore di sciroppo, che un caldo soffio di vento portava dal vicino zuccherificio.»

Johann G. Sturm, Reseda, da "Deutschlands Flora in Abbildungen", 1796.

Reseda

«Klothilde, magra e vecchina nel suo vestito di mussola a fiori, leggeva un racconto intitolato Cieca, sorda, muta eppur felice; intanto radunava le briciole di biscotti sulla tovaglia, poi prendeva i mucchietti con tutte e cinque le dita e li divorava cautamente.
Il cielo, in cui c’era immobile qualche nuvola bianca, cominciava a impallidire lentamente. Il giardinetto di città, con i sentieri e le aiuole ben simmetrici, stava variopinto e pulito nel sole del pomeriggio. L’odore della reseda che bordava le
aiuole vagava nell’aria.»

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