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La ghostwriter e il fantasma

Lo strano caso di Pearl Curran e Patience Worth.

All’inizio del XX secolo a St. Louis (Missouri), Pearl Curran affermò di essere entrata in contatto attraverso una tavola Ouija con una puritana del New England di nome Patience Worth. Sebbene oggi siano per lo più sconosciuti, all’epoca i libri, le poesie e le opere teatrali che Worth “dettava” a Curran ricevettero ampi elogi dalla critica. Indaghiamo le curiose e quasi dimenticate opere letterarie di un “fantasma” e della sua ghostwriter.

Pearl Curran, 1919

«Molte lune fa io vissi. Di nuovo ora torno. Patience Worth è il mio nome. Aspetta, vorrei parlare con te. Se tu vivrai, allora anch’io vivrò… Buoni amici, cerchiamo di essere felici.»

L’8 luglio 1913, dopo mesi di tentativi, Pearl Curran (1883 – 1937), una casalinga di St. Louis, ebbe finalmente un primo contatto con uno spirito attraverso la sua tavola Ouija. A partire da questo contatto iniziale, Pearl Curran scrisse (o, se credete alla versione di Curran, trascrisse) milioni di parole che attribuì a Patience Worth (1649 – ?), una poetessa del diciassettesimo secolo. Romanzi storici, trattati religiosi e poemi lirici furono pubblicati e accolti dagli studiosi come esempi autentici della prima letteratura americana mediata dall’oltretomba. La figura di Patience Worth è stata lodata come scrittrice esemplare da organizzazioni come il Joint Committee of Literary Arts di New York ed è stata inclusa in riviste tematiche insieme a futuri autori canonici come Edna St. Vincent Millay, apparendo inoltre in raccolte e antologie dell’epoca. A rendere ancora più incredibile la vicenda fu l’accoglienza da parte di lettori e critici, i quali convennero che gli scritti di Patience Worth erano effettivamente l’opera riscoperta di una “nuova” scrittrice che affermava di essere morta da più di due secoli e mezzo.

Queste opere erano documenti autentici che fornivano prove sbalorditive della sopravvivenza dell’umanità dopo la morte oppure erano una bufala intricata e impressionante che ingannò studiosi, critici ed editori? O forse, più semplicemente, erano la produzione letteraria di un prodigio che credeva di essere un canale di qualche musa dall’aldilà? Questioni di paternità e intenzione a parte, ciò che rimane sono i libri, le opere teatrali e le poesie: in passato letteratura popolare e al giorno d’oggi praticamente dimenticata. La produzione di Curran ci spinge a porci delle domande fondamentali su temi come la storia, il genere, l’affetto, la paternità artistica e i motivi per i quali scegliamo di leggere ciò che leggiamo. Inoltre, i suoi scritti rappresentano un’affascinante particolarità di un’epoca della storia letteraria americana in cui accademici e ciarlatani, razionale e occulto, erudizione e magia si mescolavano tutti insieme nel dibattito popolare.

Pearl Curran nacque nel 1883, verso la fine di un secolo che aveva visto mutare il panorama nazionale e la posizione degli Stati Uniti nel mondo. Lei e il suo pubblico di lettori erano eredi della diversità religiosa (a volte bizzarra) del diciannovesimo secolo americano. Fu un secolo che iniziò con l’anarchismo religioso del Secondo Grande Risveglio1Il secondo grande risveglio fu un movimento di risveglio protestante nato all’inizio del XIX secolo negli Stati Uniti d’America. Il movimento prese forma intorno al 1790, sviluppandosi tra il 1800 e il 1850. Esso rifletteva il romanticismo caratterizzato da entusiasmo, emozione e da un appello al soprannaturale. Respinse lo scettico razionalismo e il deismo dell’Illuminismo. Molti convertiti credevano che il risveglio avrebbe segnato una nuova era millenaria., fu segnato da un’apocalittica Guerra Civile, e fluì nello spiritismo borghese e rispettabile della tarda epoca vittoriana. Durante l’adolescenza, Curran si interessò della cultura esoterica e di conseguenza venne attratta dall’occulto. La figura di Patience Worth le si è “rivelata” in un momento perfetto, proprio quando gli Stati Uniti iniziarono a rivalutare criticamente le origini puritane di Worth.

Gli scritti coloniali americani sono stati a lungo liquidati come imbarazzanti reliquie anti-intellettuali da grandi autori del diciannovesimo secolo come Ralph Waldo Emerson e Nathaniel Hawthorne. Nei primi anni del secolo scorso, tuttavia, gli studiosi iniziarono a rivalutare il canone seicentesco. Pearl Curran fornì un modello perfetto nella creazione di Patience Worth, che venne incluso accanto a veri poeti come esempio del genio artistico coloniale americano. Quando gli Stati Uniti iniziarono ad affermarsi su un palcoscenico globale, guardarono alle origini del New England allora concordate e iniziarono a raffinare il loro mito della creazione, esaltando le virtù della parsimonia, dell’operosità e dell’individualità puritane. È importante sottolineare che per Curran il periodo coloniale è stato anche quello in cui le voci delle donne non sono state sorprendentemente ignorate. Nella prima poesia americana la poetessa Anne Bradstreet (1612–1672) domina come la figura letteraria più esemplare e importante. Altre scrittrici come Mary Rowlandson (1637–1711) sfornavano best-seller di stampo puritano.

Questo ritrovato entusiasmo per la letteratura coloniale femminile americana arrivò in un momento perfetto per Curran. In effetti, dall’inizio del ventesimo secolo anche il mondo dell’occulto e delle sedute spiritiche era un campo prettamente femminile. Come chiarisce Gioia Diliberto nella sua eccellente introduzione ai fenomeni di Patience Worth, Patience Worth: Author from the Great Beyond: «Ben presto, decine di autoconsacrati medium irruppero sulla scena, la maggior parte dei quali erano donne, la cui passività e purezza, si credeva, le rendevano vascelli ideali per ricevere notizie dall’Aldilà». È possibile vedere Curran come un genio letterario che, incapace di promuovere la propria voce originale, è costretta a inventare un personaggio immaginario che funge da maschera letteraria. Questa è la lettura generale per il caso di Patience Worth, un caso che non è senza precedenti. Dalle sorelle Fox dello stato di New York2Kate Fox (1837 – 1892), Leah Fox (1814 – 1890) e Margaret (Maggie) Fox (1833 – 1893) furono tre sorelle statunitensi che giocarono un ruolo fondamentale nella nascita e diffusione nei paesi anglosassoni del movimento spiritista. a Madame Blavatsky, la seduta spiritica è stata spesso un escamotage in grado di fornire una voce distintamente femminile quando la società non avrebbe altrimenti ascoltato.

È certamente possibile vedere il caso di Patience Worth in questi termini. Ma è limitativo escludere altre possibili interpretazioni. Esiste per esempio la teoria per la quale Curran mise in atto una frode: ad accusarla fu il filosofo James Hyslop che dichiarò che il marito di Curran aveva architettato tutto studiando Chaucer e ideando il linguaggio e lo stile di Worth mescolando l’inglese antico e il dialetto dei Monti Ozarks. 

Ma Curran non può essere vista solo come una semplice medium letteraria o un’impostora. Il suo caso era diverso. Medium come Blavatsky distinguevano marcatamente i propri scritti dai brevi passaggi attribuiti agli spiriti. Curran invece produsse un numero incredibile di opere, tutte attribuite a Patience Worth. Ci sono decine di poesie, lettere e romanzi inclusi Telka, The Sorry Tale, Hope Trueblood, The Pot upon the Wheel, Samuel Wheaton, An Elizabethan Mask  e altre opere. Come si dovrebbe giudicare l’enorme quantità e l’ampiezza di tali opere? Supponendo che si trattasse di una truffa, fu pur sempre un imbroglio tutt’altro che semplice..

Forse Curran considerava la paternità letteraria in un modo non convenzionale. Tra la possibile esistenza di Patience Worth e la falsità di Pearl Curran esiste una terza opzione: che quest’ultima abbia trascritto le opere in questione credendo effettivamente che Patience Worth fosse reale, una creazione della sua mente che le riportava parole dal suo subconscio. Una musa interiore che ci fa rivalutare i semplici modelli di autorialità a cui ci atteniamo convenzionalmente. In quanto tale, il suo corpus offre un’occasione per riflettere sulla natura e la provenienza dell’ispirazione, su come gli autori generano i loro scritti e sui modi in cui qualcosa apparentemente ben compreso come la scrittura contiene ancora un nocciolo di mistero al suo interno.

Una tavola pubblicata in Il caso di Patience Worth; uno studio critico di alcuni fenomeni insoliti (1927) che mostra l’enorme volume di lavoro che sarebbe stato prodotto in ciascuna seduta.

Al di fuori dei circoli occulti, l’imbarazzante natura metafisica di Patience Worth l’ha relegata per un secolo nell’oscurità da parte del mondo accademico. Un destino ingiusto per dei testi che, sebbene non così tecnicamente perfetti come le opere ritenute canoniche, meritano comunque studio e attenzione, non solo per il modo in cui illuminano un periodo insolito della storia letteraria americana, ma anche perché gli scritti stessi sono caratterizzati da una padronanza del senso estetico che non ci si aspetterebbe. I critici che avevano esaltato la qualità di Worth/Curran avevano le loro ragioni per farlo, alcune delle quali reggono ancora. Va sottolineato ancora una volta che questi non sono solo brevi poemi lirici che si potrebbero vedere scrivere in pochi minuti da un autore che usa la tavola Ouija. La lunghezza di alcuni dei suoi libri è stupefacente di per sé, per non parlare della loro qualità letteraria. Basta sfogliare The Pot upon the Wheel, un dramma in versi il cui dialogo a volte ricorda l’urgenza spirituale di un testo religioso classico come il Bhagavad Gita. Oppure A Sorry Tale, un resoconto esoterico di oltre seicento pagine sulla vita di Cristo che a tratti raggiunge un tono profetico che richiama alla mente la teologia di William Blake.

Immergendosi nel voluminoso corpus di scritti, una delle prime cose che si nota è che non sono stati scritti seguendo lo stile casuale del flusso di coscienza comune nella scrittura automatica praticata dai poeti surrealisti, dadaisti e da altre avanguardie. Ma non si leggono nemmeno come si farebbe con la prosa e la poesia americane del diciassettesimo secolo, nonostante ciò che i primi sostenitori critici avevano affermato. Si potrebbe dire al massimo che le opere assumono una qualità di pastiche nel loro tentare di rappresentare come scrivevano e parlavano i puritani americani.

Patience Worth appare intelligente, pia, sentimentale, esuberante e sarcastica. Non sembra corrispondere alle nostre aspettative su come scriverebbe una donna del New England del diciassettesimo secolo. Mentre la sintassi e il fraseggio possono sembrare in gran parte “autentici”, c’è poco del calvinismo ortodosso che si trova nei primi poeti americani come Bradstreet, Edward Taylor o Michael Wigglesworth. In termini di tema e linguaggio, è decisamente “americana” allo stesso modo di Dickinson o Frost. Infatti, sembra imitare Dickinson (che era stata riscoperta solo all’epoca in cui Pearl Curran stava lavorando) nella sua poesia “Chi ha detto che l’amore era fuoco?”. Curran scrive:

Chi ha detto che l’amore era fuoco?

Io so che l’amore è cenere.

È quella cosa che resta

Quando il fuoco è spento,

La santa essenza dell’esperienza.

Sebbene non particolarmente sofisticati, ci sono alcuni elementi degni di nota: la domanda retorica in apertura, le immagini di fuoco e cenere e la frase “è quella cosa” (particolarmente evocativa della poesia di Dickinson intitolata “La speranza è quella cosa piumata”). L’aspetto che stride maggiormente nella poesia è la sua ultima riga che ricorda una traduzione particolarmente scadente dei mistici e poeti Rumi3Jalāl al-Dīn Muḥammad Rūmī (1207–1273) è stato un ʿālim, teologo musulmano sunnita, e poeta mistico persiano, conosciuto come uno dei massimi autori della letteratura mistica persiana. o Hafez 4Hafez (1325–?) è uno dei poeti persiani più celebri, più amati e recitati., e riflette lo stile dell’ambiente teosofico orientalista in cui era immersa Pearl Curran – sicuramente molto lontano dal religioso puritano americano del diciassettesimo secolo.

In un’altra poesia, “Child’s Prayer”, Curran affronta come tema un soggetto sentimentale che non sarebbe fuori luogo in Bradstreet, pur imitando lo stile dei poeti americani del diciannovesimo secolo che furono influenzati dal Secondo Grande Risveglio:

Ah, Cuore svuotato:

Ah, cuore svuotato! Esausto dal cammino!

Come vorrei riempirti d’amore!

Con le sue dichiarazioni e i suoi punti esclamativi ci ricorda Walt Whitman, anche se non ne condivide i suoi versi evocativi.

Un esempio di uno dei suoi testi più sofisticati è nella poesia “The Earth the Fields Lay Stretched in Sleep”:

Morti, tutti morti!

La terra, i campi, giacciono distesi nel sonno

Come stanchi lavoratori stremati.

Le valli bucate come un’età sdentata,

Alberi morti come denti storti.

Le colline, come mascelle ossute la cui carne è caduta,

Rimangono a sorridere al giorno mortale.

Nella sua rappresentazione di una malinconia autunnale, Curran fonde la natura con immagini di cadaveri scheletrici, una personificazione gotica simile ai Memento mori nella tradizione del puritanesimo. In altri versi un giglio viene paragonato a una “suora dalla veste marrone”, un’immagine del tutto non puritana nel mondo religioso stranamente ecumenico di Patience Worth. 

Una fotografia spiritica di Yeats scattata, secondo la Stanford University, durante una seduta a Parigi intorno al 1914.

Come mai quindi le opere di Curran sono cadute nel dimenticatoio? L’origine bizzarra della sua scrittura non deve essere di impedimento per uno studio più approfondito. Dopotutto, anche William Butler Yeats attribuì molti dei suoi testi a uno spirito di nome Leo Africanus che, a suo dire, incontrò attraverso l’uso di una tavola Ouija mentre era membro dell’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata. In entrambi i casi potrebbe essere utile pensare agli autori-medium come complessi eteronimi, alcuni esempi sono Kurt Suckert (alias di Curzio Malaparte), Vittoria Guerrini che si firmava Cristina Campo oppure Fernando Pessoa (contemporaneo di Curran e anch’egli affascinato dalla scrittura automatica e dall’occulto) che aveva ben quattro personalità letterarie. Un eteronimo è uno pseudonimo particolarmente complicato, perché, oltre ad essere utilizzato un nome falso, c’è anche un’identità completamente falsa, una personalità di fantasia in cui la letterarietà è extratestuale rispetto alla poesia o al libro stesso. Questi concetti, di eteronimo e musa, ispirazione e autorialità, sollevano interrogativi interessanti. Da dove viene in definitiva la letteratura? Cosa è legittimo considerare come oggetto di lettura e di studio? Un inganno letterario può essere letto anche come letteratura?


Questo articolo è stato pubblicato originariamente in The Public Domain Review, scritto da Ed Simon, con licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0. Per saperne di più: publicdomainreview.org/legal/

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