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La magia del manoscritto

La collezione di autografi di Pedro Corrêa do Lago abbraccia quasi 900 anni di documenti scritti a mano da personaggi del calibro di van Gogh, Michelangelo, Einstein, Hemingway e Joyce.

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Dopo aver inviato numerose lettere a personaggi importanti per richiedere i loro autografi (tra i numerosi rifiuti ricevuti è celebre quello della segretaria di J.R.R. Tolkien), il primo manoscritto che l’allora adolescente Pedro Corrêa do Lago (1958) colleziona è una busta firmata dalla Regina Vittoria. Allo stesso modo, un centinaio d’anni prima, John Perpont Morgan (1837–1913) scrive ai Vescovi della Chiesa episcopale protestante, di cui è un membro devoto, per avere i loro scritti autografi, per poi acquisire opere diverse, come alcuni documenti della Regina Elisabetta I o un manoscritto del Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde.

Manoscritto di Riccardo III del 1476.

La Magia del Manoscritto raccoglie ed esamina gran parte dei testi autografi collezionati da Morgan prima e da Corrêa do Lago dopo, partendo dall’arte, passando per la storia, la letteratura, la scienza, la musica e la filosofia, fino ad arrivare allo spettacolo, tracciando una cronologia di alcuni degli eventi più significativi o più singolari degli ultimi secoli.

Curiosando tra i manoscritti che hanno addirittura cambiato il corso della storia, attira l’attenzione un documento redatto da uno scrivano e firmato su cartapecora da Riccardo III nel 1476 indirizzato agli Scrope di Marsham che saranno tra i pochi nobili rimasti al fianco del sovrano negli anni precedenti all’usurpazione del trono e alla sua morte nella battaglia di Bosworth Field nel 1485, nel corso della Guerra delle due rose.

Due pagine della lettera di van Gogh all’amico Joseph Ginoux.

Un documento che ci porta nell’intimo di personaggi ben noti è una lettera autografa datata 1890 di Vincent van Gogh. In questo documento, scritto pochi giorni prima di essere dimesso dal manicomio in cui era entrato volontariamente, il pittore olandese stila una lista di quei mobili della camera da letto ad Arles che aveva immortalato nella serie di quadri ormai celebri. Al destinatario della lettera, l’amico Joseph Ginoux, van Gogh chiede inoltre di spedire a Parigi alcuni suoi effetti personali, consigliandogli anche di rimuovere la paglia dai materassi per risparmiare sul trasporto e di prestare particolare attenzione allo specchio che aveva utilizzato per dipingere i suoi autoritratti. Una volta uscito dal manicomio, van Gogh si reca nella capitale francese per poi proseguire il suo viaggio ad Auvers-sur-Oise, dove muore suicida solamente due mesi dopo aver assicurato Ginoux di essere «completamente guarito» e di voler cominciare un nuovo capitolo della sua vita.

L’autografo di Toro Seduto.

Un autografo che colpisce per la sua originalità è un ritratto da studio firmato da Toro Seduto, il capo dei Hunkpapa Lakota, risalente al 1885 circa, ovvero dopo la sua resistenza al potere militare e culturale dei bianchi e dopo la sua resa all’esercito degli Stati Uniti, per rientrare infine alla riserva di Standing Rock. Per circa quattro mesi, Toro Seduto andò in tournée con lo spettacolo Wild West di Buffalo Bill Cody, al termine del quale si fermava ad ogni tappa per firmare autografi agli ammiratori. In questo ritratto, Toro Seduto indossa un cappello di feltro adornato con ali di farfalla e le rughe che solcano il suo viso, così come il suo sguardo penetrante, sembrano testimoniare le guerre combattute contro gli statunitensi che cercarono di insediarsi all’interno dei territori dei sioux. La foto è in netto contrasto con il carattere quasi giocoso del suo autografo (in corsivo, secondo le aspettative dei clienti bianchi) che presenta dei piccoli cuori al posto dei puntini sopra le I del suo nome in inglese, Sitting Bull.

La fotografia firmata da tutti e sette i Romanov.

Un altro ritratto da studio che sorprende e affascina per la sua storia è la fotografia della famiglia imperiale russa, la sola copia rimasta firmata da tutti i Romanov. Nel 1913, Nicola e Alessandra, lo zar e la zarina di Russia, posano insieme ai loro cinque figli (Olga, Maria, Anastasia, Alexej e Tatiana) per questo splendido ritratto nell’ambito della commemorazione nazionale del tricentenario della famiglia Romanov. Anche in questo manoscritto, le firme sotto alla foto sono in corsivo (anziché con caratteri cirillici), forse perché si trattava di un regalo destinato a una persona dell’Europa occidentale. A distanza di oltre cento anni, la tragica fine della famiglia Romanov, uccisa in una stanza di un seminterrato in seguito alla Rivoluzione bolscevica, continua a emozionare e a rattristare.

Nell’ambito della letteratura, è interessante mettere a confronto i manoscritti di due scrittori diversi, James Joyce ed Ernest Hemingway, che rivelano degli aspetti buffi e rivelatori delle loro personalità. Entrambi, il primo nel 1915 e il secondo nel 1930, hanno compilato il formulario dell’annuario londinese Who’s Who che raccoglie tutt’oggi notizie biografiche e informazioni utili sulle persone che contano in uno specifico settore o che, in questo caso, sono influenti nel contesto britannico. Nella casella dedicata alla professione, Joyce scrive innanzitutto di essere un insegnante alla Scuola Superiore di Commercio di Trieste e solo alla fine aggiunge anche di essere uno scrittore. È curioso notare come lo scrittore irlandese dichiari di aver sposato Nora Barnacle nel 1904 quando in realtà non sono mai stati legalmente sposati e, più sotto, dopo aver affermato di aver vissuto a Parigi, a Roma e infine a Trieste, stila una lista delle sue pubblicazioni, tra cui Ritratto dell’artista da giovane che al tempo non era ancora arrivato sugli scaffali, ma era comparso a puntate tra il 1914 e il 1915 nella rivista «The Egoist». Nel campo destinato agli hobby, Joyce scrive “cantare”, una delle sue più grandi passioni a cui aveva addirittura pensato di dedicarsi professionalmente. Alla fine del modulo, lo scrittore lascia il suo indirizzo di via Donato Bramante a Trieste (all’epoca città austriaca), ma il redattore di Who’s Who lo corregge in penna rossa con il nuovo indirizzo a Zurigo, dopo che Joyce si era trasferito in Svizzera per non essere più coinvolto nella fase caotica dell’ingresso dell’Italia nella Prima guerra mondiale.Il modulo Who’s Who compilato da Hemingway, invece, è di natura ben più sarcastica rispetto a quello del suo collega. Nelle caselle dedicate alla nascita, ai genitori, al matrimonio e alla carriera, lo scrittore statunitense scrive un secco “sì”, mentre per quanto riguarda l’istruzione, compila la casella con la vaga dicitura “all’estero”. Continuando a farsi beffe di Who’s Who e della sua redazione, Hemingway elenca attività come “sciare, pescare, sparare, bere” tra le sue preferite. Ovviamente, tutte queste informazioni sono state sbarrate in rosso dal redattore dell’annuario.

Formulario dell’annuario londinese Who’s Who compilato da Hemingway a sinistra e Joyce a destra.

Tra lettere, fotografie, impronte della mano, disegni, appunti e cartoline, La Magia del Manoscritto ci porta dentro alla vita di coloro che hanno firmato questi documenti, rivelando aspetti sconosciuti e confermandone altri già noti, accorciando allo stesso tempo la distanza con questi personaggi che, in alcuni casi, hanno veramente cambiato il corso della storia.


Christine Nelson

La Magia del Manoscritto

Taschen, 2019, pp. 464
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