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L’identità di Lucy Clifford sotto la maschera vittoriana

I segreti e i successi di una scrittrice che sfidò le convenzioni della propria epoca, trovando un posto di rilievo nel panorama vittoriano.

Per Lucy Clifford la fama arrivò all’improvviso nel 1885, grazie al romanzo Mrs Keith’s Crime, che con la sua protagonista forte e audace affermò la scrittrice come una delle più popolari di fine Ottocento. All’epoca, Clifford era una giovane vedova che, dopo la prematura scomparsa del marito William Kingdon Clifford, matematico e filosofo dell’Università di Londra, dovette affrontare gravi difficoltà economiche. Rimasta sola a prendersi cura delle due figlie e senza risorse sufficienti, i suoi amici (tra i quali George Eliot) istituirono un fondo fiduciario per lei e le bambine. Questo gesto di solidarietà le permise di dedicarsi con maggiore serenità alla scrittura, una professione che le permetteva di conciliare gli impegni familiari con le sue aspirazioni intellettuali.

Tuttavia, è meno noto che Lucy Clifford avesse iniziato a scrivere ben prima del matrimonio, pubblicando racconti in maniera anonima su riviste come «The Quiver». Inizialmente si dedicò alla narrativa per bambini e alla poesia, contribuendo poi anche con brevi articoli di cronaca letteraria al settimanale «Athenaeum». Ma fu con Mrs Keith’s Crime che Clifford raggiunse il tanto desiderato successo, consolidando il suo nome nel panorama letterario. Dopo la pubblicazione anonima del romanzo, diverse ristampe rivelarono la sua identità.

Poco si sa della vita di Lucy Clifford prima del matrimonio. Riuscì persino a nascondere la sua vera data di nascita, lasciando intendere di essere nata dieci anni più tardi rispetto alla sua vera data di nascita, il 2 agosto 1846 a Londra, e non alle Barbados, come lasciava credere. Clifford sfruttò questa strategia di costruzione della sua immagine pubblica per nascondere deliberatamente le sue prime opere anonime che non si allineavano con l’identità che aveva costruito come vedova di un intellettuale di spicco.

Clifford dimostrava di essere anche un’esperta donna d’affari quando si trattava di negoziare la pubblicazione dei suoi libri. Possedeva inoltre notevoli abilità sociali: i ritrovi della domenica pomeriggio nella sua casa di Colville Road rappresentavano un luogo d’incontro privilegiato per gli intellettuali londinesi negli ultimi due decenni dell’Ottocento. I suoi nuovi ospiti erano destinati a fare la conoscenza di famosi contemporanei come lo scrittore Henry James, il letterato e biografo Leslie Stephen, il filosofo Frederick Pollock, il critico letterario Edmund Gosse, la scrittrice Marie Belloc Lowndes, e il giovane e promettente Rudyard Kipling, per il quale Clifford ebbe un ruolo cruciale nella sua carriera presentandolo all’editore Macmillan.

L’amicizia con Henry James fu particolarmente significativa. La loro corrispondenza, durata fino alla morte di James nel 1916, testimonia una relazione intellettuale e affettuosa. Lo scrittore la descrisse come «la più coraggiosa delle donne e la più bella delle amiche», offrendole costante sostegno e incoraggiamento nella sua carriera. James riconosceva il talento di Clifford come scrittrice, lodando le sue opere e offrendole consigli, come quando le suggerì di concentrarsi sui racconti brevi: «Sono convinto che il futuro sia per il racconto breve».

Oltre a Mrs Keith’s Crime, Clifford scrisse altre opere di successo, come Love Letters of a Worldly Woman (1890), un romanzo epistolare che esplora le complessità delle relazioni amorose nell’era vittoriana. Con uno stile elegante e un’acuta attenzione per la psicologia dei personaggi, la scrittrice dipinse un quadro realistico e ricco di sfaccettature dell’amore, del matrimonio e delle aspettative sociali che gravavano sulle donne dell’epoca.

Nonostante il successo, Lucy Clifford visse sempre con sobrietà, affrontando difficoltà economiche e la perdita di amici intimi come Henry James. Nel primo Novecento, continuò a scrivere per il teatro e a pubblicare romanzi, ma oramai doveva essere evidente a tutti, tranne che a lei stessa, che i suoi scritti avevano perso il loro fascino. Anche il suo fedele editore Macmillan sembrava deluderla. Con la nuova generazione che dominava la scena letteraria, le sue opere furono presto dimenticate: «Penso si possa dire che sia più un prodotto degli anni ‘90 che del nostro tempo. Ottenuto un successo molti anni fa, ha continuato a manovrare i fili dietro le quinte per architettarne un altro, diventando insensibile nel frattempo» scrisse Virginia Woolf nel suo diario.

Tuttavia, la sua determinazione e la sua capacità di tessere profonde relazioni intellettuali le permisero di affrontare le avversità con coraggio. Morì a Londra nel 1929 all’età di 82 anni, lasciando un’eredità letteraria che merita di essere riscoperta. La sua vita e la sua opera sono un esempio di come le donne vittoriane riuscirono a trovare una propria voce nel difficile mondo letterario, superando le limitazioni imposte dalla società e contribuendo significativamente alla letteratura moderna.

Clifford è ricordata oggi soprattutto per i suoi racconti per bambini, spesso ambientati in mondi fantastici e surreali, che esplorano temi complessi come la perdita, la solitudine, il rapporto madre-figlia e la ricerca di identità. Le quattro storie contenute nel volume La nuova madre, con la loro varietà di stili e tematiche, offrono uno spaccato del ricco universo narrativo di Lucy Clifford. La sua scrittura, a tratti gotica, fiabesca e surreale, ci invita a riflettere sui temi universali dell’amore, del lutto e della paura.


La nuova madre

Lucy Clifford

Un’inquietante madre dagli occhi di vetro, un bambino che desidera diventare di legno per estraniarsi dal mondo, un pesciolino di latta afflitto della sindrome dell’impostore. I racconti di Clifford, con il loro realismo perturbante, sfidano le leggi del meraviglioso e dei finali felici delle fiabe della tradizione. Sono storie capaci di suscitare quel terrore sottile che affiora dai ricordi d’infanzia. Storie che aprono porte difficili da richiudere.

Oltre il margine, 1
Brossura, pp. 72
ISBN 979-12-81707-10-8

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