Lytton Strachey, 1916. © National Potrait Gallery, London
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Lytton Strachey stregato: lettere e poesie per Roger Senhouse

Nel crepuscolo degli anni, l’eminente di Bloomsbury ritrova l’ardore della giovinezza.

Tra gli iconoclasti del primo Novecento inglese, l’eminente Lytton Strachey – definito da Gabriel Merle come “la Sfinge di Bloomsbury”1G. Merle, Lytton Strachey (1880-1932). Biographie et critique d’un critique et biographe, Champion, Parigi, 1980. – spicca nelle cerchie del suo beau monde per l’eccentrica personalità e l’imponente genio critico-letterario.

Sua Eminenza Giles Lytton Strachey, sovrano di Bloomsbury.

Noto ai più come il dissacrante biografo di Eminent Victorians2L. Strachey, Eminenti Vittoriani, tr. Ilaria Tesei, Castelvecchi, Roma, 2014., Queen Victoria3L. Strachey, La regina Vittoria, tr. Rosalia Lupi, Castelvecchi, Roma, 2014. e Elizabeth & Essex4L. Strachey, Elisabetta e il conte di Essex, tr. Maria Teresa Calboli, Castelvecchi, Roma, 2014., l’intellettuale raffinato, raffinatissimo, esibiva a prima vista non pochi caratteri peculiari: dalla barba incolta e le appendici dinoccolate alla voce in falsetto che sottendeva una vena ironica e sagace, il timbro affilato e l’efficacia del verbo. Inviso a molti conterranei, l’animatore mondano dalle movenze effemminate (beniamino nel salotto bohémien di Lady Ottoline Morrell) brandiva sulla sua lingua i lemmi di omosessualità e pacifismo – entrambi reato e onta miserabile all’epoca –, dichiarati con poco riserbo, per cui è ricordato come una sorta di dandy nella maniera di un più sfacciato discepolo di Oscar Wilde. Tutti riflessi, questi, irradiati da una figura pubblica tanto stridente quanto accattivante, animata nel profondo da un grande cuore, spesso dimenticato sotto la facciata di cinismo e sorretto dalla forza disarmante della penna. Dietro lo scrittore dall’occhio ineludibile e il wit inimitabile, l’uomo privato aveva imparato il dominio della dissimulazione, il governo delle insicurezze contro il giogo della vulnerabilità. Amante dei Lumi nell’epoca bellica (i suoi Landmarks in French Literature5L. Strachey, Landmarks in French Literature, Oxford University Press, Oxford, 1912. un capolavoro), lo scanzonato obiettore di coscienza era anche l’Apostolo sconfessato delle confraternite segrete di Cambridge – compagno di studi di E.M. Forster, primo difensore della “Higher Sodomy” e dell’amore fraterno – nonché fervido cultore delle belles lettres. I suoi epistolari, dai rami fittissimi e incisi a regola d’arte, includono scambi intensi e appassionati con Virginia Woolf, Dora Carrington, Edith Sitwell, Edward Sackville-West, David Garnett e Rupert Brooke (dalle carte pregiate), tra i nomi celeberrimi.

Simon Bussy, Ritratto di Lytton Strachey al suo scrittoio, 1904.

Re dell’intrigo amoroso, tesseva e riavvolgeva le fila di complessi intrichi sentimentali, prendendovi parte da primo attore, come nel ménage con la pittrice Carrington e suo marito Ralph Partridge, di cui era ospite fisso e “compagno di letto” nella casa di campagna a Ham Spray. Dal canto suo, non mancava di adocchiare e circuire giovani uomini che gravitavano intorno ai cortili universitari o scovandoli nei vicoli infestati del demi-monde londinese. Non a caso, insieme a tutti i buggers (“sodomiti”) del Gruppo di Bloomsbury – tra cui suo fratello James Strachey, futuro psicologo freudiano, il romanziere Forster, il pittore Duncan Grant e l’economista Maynard Keynes – si sarebbe meritato un posto d’elezione nel clan di “Buggersbury”, come sono stati scherzosamente additati in tempi recenti. Indipendenti e sfrontati, ciascuno nella propria cifra, la cerchia di reietti della morale puritana era proiettata in una nuova era, come avvertiva la Woolf nel suo memoir6V. Woolf, “Old Bloomsbury”, in Moments of Being, tr. e cura di Federico Mazzocchi, Vecchio Bloomsbury, Passigli Editori, Firenze, 2023.:

Sapevo dell’esistenza degli invertiti nella Grecia di Platone; avevo il sospetto – non era certo una domanda che si potesse fare con facilità a Thoby – che ci fossero degli invertiti nel Trinity College del dottor Butler a Cambridge; eppure non avevo mai pensato che potessero esserci invertiti, perfino in quel momento, nel salone degli Stephen a Gordon Square. […] All’improvviso la porta si aprì e sulla soglia apparve la figura allampanata e spettrale del signor Lytton Strachey. Puntò il dito verso una macchia sull’abito bianco di Vanessa. «Sperma?» chiese. Ma davvero era permesso dire una cosa simile? pensai, e poi scoppiammo tutti a ridere. Bastò quell’unica parola a far crollare ogni barriera di reticenza e ritegno. Come se un fiume del sacro liquido ci avesse inondato. Il sesso permeava le nostre conversazioni. La parola bugger non era mai lontana dalle nostre labbra. Discutevamo di copulazione con lo stesso entusiasmo e la stessa apertura con cui discutevamo della natura del bene… Può darsi che gli amori dei buggers non siano – almeno per chi appartiene all’altra sponda – di irresistibile interesse o di primaria importanza. Ma il semplice fatto che se ne possa parlare apertamente porta con sé la conseguenza che a nessuno importi se vengono praticati in privato. Così, molte usanze e credenze vanno riviste. […] Non c’era nulla che non si potesse dire, nulla che non si potesse fare, al numero 46 di Gordon Square.

Lytton Strachey, Virginia Woolf e Goldsworthy Lowes Dickinson, fotografati da Lady Ottoline Morrell, 1923. © National Potrait Gallery, London

Eppure, la predilezione per i ragazzi catamiti, all’ordine del giorno nell’ala maschile del Set, sfuggiva dalle biografie ufficiali di membri e sodali, come nell’epurata Biography of Goldsworthy Lowes Dickinson (1934) redatta da Forster, che non lascia spazio all’indicibile segreto dei feticismi né alcun riferimento alla sessualità del filosofo-apostolo riverito da tutti. Difatti, se la pena di morte per i crimini di “sodomia” venne abolita nel 1861, la caduta della sentenza suprema che regolava gli atti di gross indecency (la stessa scontata da Wilde), ancora vigente nell’Inghilterra edoardiano-georgiana, dovrà aspettare fino alla seconda metà del XX secolo.

L’angelo castigatore. Roger Senhouse (1899-1970), fotografato da Lytton Strachey.
© National Potrait Gallery, London

Sulla soglia della mezza età, alla fine degli anni Venti, nella vita di Lytton Strachey era il tempo di Roger Senhouse, affascinante studente di Oxford e amico del cuore di Michael Llewelyn Davies (il tragico “Peter Pan” di James Barrie). Conosciuto come editore di successo e traduttore inglese di Simone de Beauvoir (The Blood of Others) e Colette (Gigi), il “ragazzo divino” planò dritto nella sua esistenza come un miraggio fatale, e fu eletto ben presto al ruolo di “compagno di vita e di morte”.
Dopo brevi e tormentate relazioni di natura erotica (inclusa una liaison con suo cugino Duncan, congiuntosi poi con Maynard, suo precedente amante) fu con Senhouse che lo scrittore maturo condivise per la prima volta le sue pulsioni più intime e represse, confluite contro ogni aspettativa in una vorticosa relazione sentimentale.
Il giovane amico è descritto da Strachey come “una creatura romantica dagli occhi grigio scuro e un sorriso che scioglie”, e non soltanto l’oggetto del desiderio carnale – an object of lust – come erano stati altri partner, alcuni sconosciuti, gli stessi che Virginia Woolf chiamava ironicamente “la serie di ragazzini di Lytton”, coi quali aveva intrattenuto fugaci rapporti occasionali, bensì l’unico in grado di soddisfarlo pienamente sul piano sessuale ed emotivo. Roger lo accompagnò negli anni finali, quelli più difficili e cruciali, vissuti tra sprazzi di salute e continui malanni, e fu l’uomo che a detta di Carrington – la sua amica adorata – cambiò la vita di Lytton più di chiunque altro. A lui sarebbero andati, inevitabilmente, tutti i suoi libri dopo la morte.

Il monumentale epistolario, raccolto con solerte cura da Paul Levy nel volume The Letters of Lytton Strachey (2005) svela, tra le tante, quest’ultima divorante passione, nutrita quasi del tutto in segreto e confessata soltanto agli amici Bloomsberries più stretti, così come i giochi d’intimità e le violente pratiche sadomasochistiche a cui si spingevano, tra singolari rituali erotici di crocifissione e salassi laceranti, in un vero e proprio culto del piacere nel dolore del martirio. Per Lytton, questa forma di godimento estremo scatenò un’epifania sessuale in grado di risvegliarlo nello spirito – “un comblement de bonheur”, diceva. Fu per lui l’unico periodo in cui si sentì completamente soddisfatto del proprio corpo macilento e indesiderabile, inadatto agli sport come ad altre prove da sforzo (tranne leggere e scrivere voracemente), e grato fino all’estasi del profondo appagamento che era capace di donargli quello di un altro uomo.

Ti penso così tanto, dolcissimo angelo, con una straordinaria felicità e più amore di quanto si possa racchiudere in questa (o qualsiasi altra) busta. Il mio amore è all’antica – newtoniano ed euclideo – e non si incurva in una torsione à la Einstein, ma procede in linea retta per sempre. Tanti baci per gli incantevoli momenti passati a letto e tutta la mia devozione al loro proprietario.

Lytton Strachey e Roger Senhouse, fotografati da Dora Carrington, 1928.

Il bellissimo Roger – appellato per lettera “Scimmietta” (firmato “Tua Zebra”) o “Angelo mio”, o ancora “Mia adorata Creatura” – era nondimeno “l’incarnazione della dolcezza”, insieme diavolo e angelo castigatore. L’essere in cui vedeva reincarnata una delle più disperate passioni giovanili contratte al Leamington College: l’infatuazione per uno scolaro lentigginoso di trent’anni prima. Un sogno di fanciullezza e amore proibito era finalmente possibile, e la castità della vecchia scuola ricordata come un peccato, lontano ormai. Era il momento di consumare il piacere in tutto e per tutto, di tuffarsi appieno nella giovinezza, nella vita, finché gli rimaneva tempo, per rincorrere la bramata douceur de vivre del più crudele dei libertinaggi. “Il nuovo calore chez toi mi ha riempito di vigore e gioia […] mi adeguerei a tutti i tuoi desideri” – ammette, ma al tempo stesso considerava come “il mio métier accettare le sue particolarità e i suoi peccatucci”.

I momenti trascorsi assieme, vissuti a pieno respiro e ricolmi di passione, si alternavano a lunghi rovelli epistolari, con dediche di sonetti d’amore – frutto dell’inventio del poliedrico autore di ritratti – accompagnati da chiusure repentine causate dalle scomparse, dai silenzi e dai numerosi tradimenti del giovane. A momenti, lo faceva precipitare in un abisso di malinconia e sconforto durante le sue assenze, ma allo stesso tempo lo riempiva di entusiasmo ed eccitazione febbrile con la sua presenza incantevole. L’adorazione di Lytton era ormai oltre ogni limite e sconfinava inesorabile nella follia amorosa – “L’amore, la lussuria. Dov’è il calore del prossimo luglio?” si chiede più volte ansioso.

Ex libris. Lytton Strachey e Roger Senhouse, lettori e amanti.

Carissima Creatura,
Perdonami se non ti ho scritto. La verità è che non ne ero capace. […] Negli ultimi tempi il mio stato d’animo è stato qualcosa di nuovo per me. Avevo la sensazione che la nostra relazione stesse volgendo al termine – o forse, semplicemente, svanendo. È più o meno quello che intendi nella tua lettera quando parli di stagnazione e dell’esistere nel passato piuttosto che nel futuro? C’è del vero in ciò che dici, credo. Temo che possa trattarsi di una sorta di miscuglio impossibile tra l’occasionale e il profondo – impossibile almeno per me, che non sono né un santo né un acrobata. […] Forse la colpa sta nel mio amore – se solo fosse stato più forte…

Acclusi nelle missive, i versi dedicati a Roger – parodici, irriverenti e di inaudita schiettezza – comprendono rari componimenti poetici destinati esclusivamente alla lettura privata. Analogamente, in un altro frammento regalato come confidenziale post scriptum a Virginia, il narratore brillante si dilettava sfiorando corde velatamente byroniane:

Chi non ha mai vagato in silenzio, lungo la sua strada,
con occhio ardente, spia segreta di Amore?
Scrutando con sguardo sottile la folla in cammino
in cerca di un nuovo incanto – dolce o curioso, o divino –
di una creatura rapitrice, la cui deliziosa apparizione
riempia l’anima di una gioia improvvisa?

In questi poemetti d’occasione, l’amante devoto evoca celestiali immagini di potere, dipingendo il compagno ora come un giovane soldato col randello ora come un indocile Ganimede. Di pari passo, ardite battute a sfondo sessuale sublimano, tutto d’un fiato, la tensione erotica accumulata nell’attesa. Esorcizzata nella fantasia del rapporto schiavo-padrone o master-pupil, l’ossessione riemergeva dai lati più oscuri dell’istruzione public school: l’incubo più doloroso dei primi giorni di collegio ad Abbotsholme, che gli avevano guastato per sempre la salute.

Dietro il palpito del desiderio, si avverte in falsariga una sottile antinomia nella rima tra lust (libidine) e dust (polvere) di marvelliana memoria, facendo così eco alle sue inquietudini. Se da un lato l’uomo più anziano, colto nel ritrovato vigore, dà totalmente sfogo alla sua passione, perdendosi in fantasticherie erotiche attraverso la pura creatività del linguaggio, dall’altro nasconde il costante timore dell’invecchiamento e della consunzione latente. Nella resa finale, il tono è quello di un brioso divertissement, parte strategica di un fine gioco di seduzione messo a punto con aria di sfida e malcelato bisogno di tenerezza. Una beffa a ogni residuo di pruderie vittoriana che fa sentire la propria voce tesa a stuzzicare il lettore:

Strano il destino dei bei ragazzi!
Se osano assaporare le gioie
che tanto ammaliavano le menti classiche,
si meritano qualche frustata sul bel didietro;
Ma se non riescono a cogliere
le gioie che tali versi raccontano
― è assai strano, confessa ―
Si meritano altrettante frustate.


Riferimenti bibliografici
B.S. Helt, M. Detloff (ed.), Queer Bloomsbury, Edinburgh University Press, Edimburgo, 2016.
M. Holroyd, Lytton Strachey. L’arte di vivere a Bloomsbury, Il Saggiatore, Milano, 2011.
M. Hone, The Bloomsbury Set: Homosexual Renaissance, CreateSpace Independent Publishing Platform, 2017.
L. Strachey, Lytton Strachey by Himself: A Self Portrait, ed. by Michael Holroyd, Heinemann, Londra, 1971.
The Letters of Lytton Strachey, ed. by Paul Levy, Farrar Straus & Giroux, New York, 2005.
J. Reene, Roger Senhouse, String Publishing, 2011.
J.A. Taddeo, Lytton Strachey and the Search for Modern Sexual Identity, Routledge, Londra, 2002.
V. Woolf, The Diary of Virginia Woolf, voll. 1-5, Granta Books, Londra, 2023.


Pierluigi Piscopo (Napoli, classe 1997) è laureato in Lingue e Letterature Moderne Europee presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Ha discusso una tesi sulla poesia di guerra di Rupert Brooke, ed è appassionato di letteratura inglese, spaziando dall’età edoardiana al Modernismo. Scrive, traduce e viaggia in Gran Bretagna alla ricerca di libri, tè e scones. Ha dedicato altri articoli ad autori britannici, apparsi per «Pangea».

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