(Sanora Babb Papers / Harry Ransom Center / University of Texas, Austin)
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Sanora Babb: la scrittrice nell’ombra di John Steinbeck

La storia di quel “furore” raccontata da chi ha davvero vissuto la Dust Bowl.

Nel 1939, a poche settimane dalla pubblicazione, Furore di John Steinbeck divenne subito un bestseller con la sua drammatica storia del viaggio di una famiglia contadina dall’Oklahoma alla California. Allo stesso tempo, però, Furore fermò la pubblicazione di un altro importante romanzo, silenziando una brillante scrittrice che era più intimamente connessa con le esperienze dei migranti della Dust Bowl. Chissà come sarebbero andate le cose per Sanora Babb, se solo Whose Names Are Unknown fosse stato pubblicato sul finire degli anni Trenta come le era stato promesso, se solo non fosse stato scalzato da Furore, se solo il suo grandissimo talento fosse stato riconosciuto fin da subito. Quella di Sanora Babb è una storia di tanti “se”, e il suo romanzo più rappresentativo, su una famiglia di agricoltori delle Grandi Pianure che vive in condizioni di povertà a causa della siccità e delle criticità della Dust Bowl, sarebbe potuto diventare un classico della letteratura americana del Novecento.

Red Rock in Oklahoma.
(Courtesy of Joanne Dearcopp, Literary Executor of the Babb Estate)

Sanora Babb nacque il 21 aprile 1907 nel territorio della tribù Otoe a Red Rock (Oklahoma). Essere cresciuta in una comunità di nativi americani – sebbene nessuno dei suoi genitori appartenesse agli Otoe – le conferì una sensibilità così forte per il legame tra la terra e il suo popolo che il capo della tribù le si affezionò fino a desiderare di adottarla. Tuttavia, quando suo padre Walter rifiutò, il capo Black Hawk le donò un pony pezzato, sul quale la piccola Sanora riuscì a restare in groppa nonostante corresse come il vento. Fu così che le venne assegnato il nome di “Cheyenne che Cavalca come il Vento”, un soprannome che Sanora Babb si tenne stretto per il resto della vita. I Babb erano costretti a trasferirsi di frequente a causa della passione di Walter per il gioco d’azzardo. A Waynoka (Oklahoma), Jennie diede alla luce Dorothy, la secondogenita, ma dopo pochi anni la famiglia tornò a Red Rock, dove Walter scommise su un futuro nell’agricoltura di terreni aridi, costringendo la moglie e le figlie a spostarsi nuovamente e stabilirsi nella fattoria di sorgo di suo padre Alonzo. Nel memoir An Owl on Every Post, Sanora Babb racconta così l’arrivo nel Colorado:

Il paesaggio autunnale smorto era come un vecchio tappeto grigio steso fino al lontano, lontano orizzonte. Non c’era nient’altro da vedere. Era una terra vuota. Su di essa aleggiava una solitudine primordiale; il treno ci trasportava indietro nel tempo.

Cominciò così la nuova vita in una casetta di una sola stanza costruita su una depressione nel terreno: un cambiamento radicale che portò la famiglia Babb a confrontarsi con condizioni del tutto inaspettate. È uno spazio che rappresenta tanto una sfida quanto un punto di partenza, in cui il presente sembra congelarsi nell’attesa del mattino e delle nuove possibilità che solo la luce del giorno può rivelare:

Anche se l’aria sopra di noi era fredda e secca, nel rifugio l’umidità della terra appesantiva il nostro respiro, gelando le ossa. La porta era stata chiusa. Eravamo intrappolati.

«Questo posto è come una tomba» disse papà.

Nonno sollevò le coperte del suo letto stretto, fatto di coperte ruvide, senza lenzuola. Si coricò e voltò la faccia verso il muro. Mi stesi con cautela, detestando tutta la nostra vita lì dentro prima ancora che cominciasse, ansiosa che arrivasse il mattino per scappare nell’aria pulita.

«La panetteria1Walter Babb possedeva una piccola panetteria che dovette chiudere a causa dei debiti di gioco. è sparita e tutti i miei soldi sono andati in un terreno senza valore ma con un futuro!» disse papà. «Un futuro che vedrò tra cento anni. E allora, cosa possiamo fare se non vivere qui e cercare di coltivare il sorgo?».

[…] Nel profondo silenzio selvaggio, sentii i coyote ululare. Poi un gufo notturno: hoooooo-hoo. Ascoltai quei suoni piacevoli. Poi udii il rapido e soffice ticchettio di piccoli piedi che correvano su e giù per le pareti. Un colpo sulla mia coperta e i piedini che continuavano a camminare sul pavimento. Volevo svegliare papà per proteggerci, ma sapevo che dovevo restare immobile e forse avrei dormito, forse sarebbe arrivato il mattino.

Il paesaggio del Colorado, vasto e selvaggio, era un simbolo di dualità: da un lato rappresentava una rinascita, un nuovo inizio carico di promesse; dall’altro, con la sua immensa solitudine e le sue aspre condizioni, sembrava racchiudere un messaggio profetico. Era un luogo che non solo avvolgeva, ma anche prefigurava il futuro, con le sue sfide e il senso di isolamento che avrebbe plasmato la vita di Sanora Babb e della sua famiglia:

Ci svegliammo all’alba, in un’alba fredda e gelata. Vedevamo i campi grigi della notte sulla pianura, alti come l’erba che un tempo era alta. Guardavamo il grande cielo trasformarsi in rosa e arancione, poi blu. L’aria era così pura che stavamo lì a respirare a fondo per il semplice piacere di respirare. Il profumo era diverso da quello dell’aria più morbida e fogliosa a cui eravamo abituati. Le piante forti che vivevano in una terra di piogge rare cedevano ai venti i loro odori pungenti, l’artemisia tridentata attecchiva più di tutte le altre. Giravamo in tondo su noi stessi per vedere il cerchio completo dell’orizzonte, l’incontro perfetto tra terra e cielo. Due collinette appuntite a nord-ovest erano l’unica macchia sulla pianura. Le loro masse erano state sollevate dalla terra durante lo scavo di una miniera d’argento. Eravamo in uno spazio grandioso e infinito, e allo stesso tempo racchiusi, intrappolati.

Il nonno Alonzo Babb, con i cavalli Dip e Bugs, nella fattoria di sorgo nel Colorado.
(Courtesy of Joanne Dearcopp, Literary Executor of the Babb Estate)

Ben presto, però, la famiglia dovette fare i conti con il maltempo. Le tempeste invernali erano la prima di tante prove che li confinò nella loro casetta, costringendoli a risparmiare le risorse. Il freddo implacabile e l’isolamento trasformavano ogni giornata in una lotta per la sopravvivenza che dimostra ancora una volta la vulnerabilità umana di fronte alla forza implacabile della natura:

Rimanemmo a letto indossando i nostri vestiti più caldi e bruciando la legna il meno possibile, ma al terzo giorno la legna finì. Quello stesso pomeriggio sentimmo un leggero crepitio nella neve e capimmo che il sole stava brillando, forse aveva brillato tutto il giorno. Papà cominciò a sforzarsi per alzare la porta a ribalta e, dopo due ore di tentativi con tutti i modi ai quali aveva pensato durante quei giorni bui, riuscì a sollevarla e a sostenerla abbastanza da potervi passare sotto. Non c’era nessun posto dove andare, tranne che nella neve. Raccolse tutte le sue forze e si lanciò verso l’alto come un nuotatore che lotta per riemergere. Sentimmo un forte soffio e un grido di gioia autentica.

Non era solo l’inverno a provare la famiglia Babb con il freddo pungente e la solitudine della casetta; anche la primavera portava con sé le sue difficoltà. Quando finalmente il gelo si attenuò, la carestia stava incombendo, e la terra che doveva offrire raccolti abbondanti sembrava invece rendere ogni sforzo vano:

All’inizio della primavera, prima che la terra fosse abbastanza calda per essere seminata, prima che i germogli delle foglie sui pioppi si schiudessero, mentre i piccoli junco occhiscuri cantavano ancora le loro canzoni invernali, arrivò un momento in cui non avevamo nulla da mangiare per sette giorni. Mamma aveva cercato di risparmiare per tutto l’inverno, facendo durare le nostre scorte di fagioli pinto, farina, mais e strutto finché un giorno non finirono del tutto. Ciò che ci restava erano solo sale e pepe rosso e nero. Con il pepe nero preparavamo il “tè al pepe”, che era acqua calda con una spolverata di pepe per ingannare le papille gustative, una ricetta da ultima spiaggia per gli affamati. Eravamo sempre più deboli, non solo per i sette giorni di digiuno, ma anche per i lunghi periodi, nel corso degli anni, in cui avevamo meno di quanto ci servisse, e quasi nessuna delle verdure fresche e della frutta che desideravamo. Ci prendevamo cura degli animali, che ora erano a corto di razioni, facevamo il necessario lavoro in casa e nella fattoria, e dormivamo molto. Era un modo per dimenticare la fame.

Quando la stagione sembrava finalmente promettere un miglioramento, un’altra calamità si abbatté su di loro: la grandine. Le piante, che avevano già lottato per crescere, furono nuovamente messe alla prova, e il campo che avevano faticosamente coltivato fu abbattuto dalle tempeste. La speranza di una rinascita agricola venne spazzata via, lasciando la famiglia a dover ricominciare ancora una volta:

La grandine continuava a cadere. Le piante robuste resistevano, oscillavano come per schivarla, ma venivano colpite ancora e ancora. L’intero campo fu colpito. Le canne, solo piegate e strappate, erano inclinate, ma sarebbero tornate a reggersi.

La grandine si fermò bruscamente. La luce si diffuse nel cielo buio. Le nuvole si aprirono e si allontanarono spinte dalle correnti di vento in alta quota. Il sole era ancora nascosto. L’aria fredda stava tornando calda. I chicchi di grandine erano bianchi sui campi e nel cortile.

Uscimmo all’aria aperta. Papà guardò lontano, ai campi distrutti. Le lacrime gli scorrevano sul viso abbronzato. Non piangeva dalla perdita di suo figlio2Durante il loro periodo nel Colorado, Jennie era rimasta incinta e aveva dato alla luce un bambino, morto però a poche ore dalla nascita..

Nonno lo vide e si allontanò verso il fienile.

Papà posò un braccio sulle spalle di mamma, ma continuò a guardare i campi. Dopo un po’ disse: «Ci riproveremo la prossima primavera. Non possiamo fallire ogni anno».

Le sorelle Babb su una cartolina per il nonno Alonzo, agosto 1911. (Courtesy of Joanne Dearcopp, Literary Executor of the Babb Estate)

Nel corso della loro infanzia, Sanora e Dorothy Babb non poterono frequentare la scuola che, in un territorio desolato come quello del Colorado, si trovava a decine di chilometri di distanza dalla fattoria; le sorelle impararono dunque a leggere da una vecchia copia delle Avventure di Kit Carson e dai numeri del «Denver Post» che tappezzavano i muri della casa. Dopo quattro anni di raccolti falliti, la famiglia si trasferì nuovamente, prima a Elkhart, in Kansas, dove Babb iniziò a frequentare la scuola a undici anni, distinguendosi ben presto per la sua intelligenza, e poi a Forgan, nell’Oklahoma Panhandle. Durante l’ultimo anno delle scuole superiori a Forgan, Babb fu la migliore del suo anno e fu scelta per pronunciare il discorso di commiato alla cerimonia di diploma. Tuttavia, alcuni genitori si opposero alla sua nomina, poiché suo padre era anche per loro un noto giocatore d’azzardo, e così Babb non poté salutare “ufficialmente” i suoi compagni di scuola. Dopo il diploma, ottenne una borsa di studio per frequentare l’Università del Kansas a Lawrence, ma a causa dei voti appena sotto la media, il suo sussidio non venne rinnovato per l’anno seguente, e Babb fu costretta a tornare a Garden City, in Kansas (dove la sua famiglia si era trasferita nel frattempo), per terminare gli studi al Garden City Junior College nel 1926. In seguito ottenne una certificazione per insegnare per dodici mesi in una scuola, ma il suo più grande sogno era vivere con la scrittura.

La carriera professionale di Babb come scrittrice iniziò dopo la pubblicazione di alcune sue poesie su un quotidiano locale. Il «Garden City Herald» le offrì un lavoro come giornalista e presto ottenne le credenziali dell’Associated Press. Ambiziosa di lavorare in un giornale più importante, si trasferì a Los Angeles nel 1929. A causa della Grande Depressione, Babb ebbe non poca difficoltà a trovare un impiego, ma fu presto assunta come segretaria alla Warner Brothers e in seguito come sceneggiatrice per la stazione radio KFWB. Nel 1934, Babb ospitò la sorella e la mantenne mentre frequentava l’Università della California, dove conseguì una laurea in inglese. Le sorelle Babb avevano uno stretto rapporto, basato su un forte legame familiare nato da un’infanzia difficile, oltre che su un interesse comune per la scrittura.

James Wong Howe e Sanora Babb fotografati da Dorothy Babb, 1937.
(Sanora Babb Papers / Harry Ransom Center / University of Texas, Austin)

Negli anni Trenta e Quaranta, Babb entrò in contatto con artisti e scrittori illustri o emergenti, tra cui Ralph Ellison, Dorothy Parker, William Saroyan, Genevieve Taggard, Nathanael West e il direttore della fotografia sino-americano James Wong Howe, suo futuro marito. Babb raggiunse Howe in Inghilterra nel 1936, mentre lui era in viaggio per girare un film. A causa del “codice morale” di Hollywood e delle leggi contro la mescolanza razziale della California, Babb e Howe non poterono sposarsi prima del 1948, anno dell’abrogazione delle leggi razziali. Durante il soggiorno in Europa con Howe, Babb viaggiò anche in Germania, Francia, Polonia e nell’Unione Sovietica; ritornò poi a Londra nel 1937, dove co-diresse la rivista politica «The Week» con Claud Cockburn.

La visita ai kolchoz nell’Unione Sovietica spinse Babb a unirsi alla Farm Security Administration, l’agenzia del governo degli Stati Uniti istituita nel 1937 per aiutare gli agricoltori in difficoltà che stavano affrontando gravi problemi economici a causa della crisi agricola, della siccità e della povertà. Alla FSA, Babb lavorò come assistente di Tom Collins, il responsabile del campo per migranti, assegnando le tende ai lavoratori privati delle loro terre nelle valli agricole della California. La sorella Dorothy faceva spesso visita ai campi della FSA e registrava ciò che vedeva con la macchina fotografica. I saggi di Sanora Babb, pubblicati su «The Clipper» e «New Masses» e accompagnati dalle fotografie scattate da Dorothy, offrono uno sguardo intimo e realistico sulle condizioni di povertà nei campi per migranti.

Babb e Tom Collins nel campo della FSA, 1938.
(Courtesy of Joanne Dearcopp, Literary Executor of the Babb Estate)

Durante il giorno, Babb aiutava le famiglie migranti con i bisogni di base e le forniture, educava i lavoratori sui loro diritti e li aiutava a organizzarsi. Di notte, anche su richiesta del suo supervisore Tom Collins, scriveva nero su bianco le proprie osservazioni. Queste annotazioni, che avrebbe successivamente rielaborato, divennero la base per la scrittura del suo primo romanzo, Whose Names Are Unknown. Collins chiese inoltre a Babb di condividere i suoi appunti con John Steinbeck, che all’epoca stava lavorando per il «San Francisco News» e che non esitò a usare queste note per scrivere Furore. Nel 1939, mentre Babb stava ancora lavorando al suo romanzo, la Random House le offrì un contratto dopo aver letto i capitoli iniziali di Whose Names Are Unknown. Tuttavia, non appena Furore venne pubblicato, il contratto fu annullato: la casa editrice riteneva che i lettori non avrebbero avuto interesse per un altro romanzo che trattava lo stesso tema. Questo evento segnò una delusione per Babb, che decise di accantonare il suo manoscritto per continuare a scrivere poesie, racconti brevi e sviluppare idee per un nuovo romanzo. Whose Names Are Unknown rimase inedito fino al 2004, anno in cui fu finalmente pubblicato, pochi mesi prima della morte dell’autrice.

Dopo l’esperienza alla FSA, Babb fu attiva nella League of American Writers e fece parte del comitato editoriale di «The Clipper» e «The California Quarterly», le cui pubblicazioni introdussero i lettori americani alle opere di autori come B. Traven, Ray Bradbury e ai poeti coloniali francesi Aimé Césaire e Léon Damas. Negli anni Cinquanta e Sessanta, Babb si incontrava due volte al mese con un gruppo di scrittori che includeva Esther McCoy, Sid Stebel, Chin Yang Lee e Ray Bradbury. Durante questi incontri, ciascuno scrittore poteva leggere ciò a cui stava lavorando per ricevere consigli e suggerimenti dagli altri membri del gruppo. Per Bradbury e Babb, il gruppo rivestiva un ruolo fondamentale, come Bradbury stesso raccontò nel suo saggio “I Get the Blues When It Rains”.

Babb con il gruppo di scrittori fondato da Ray Bradbury e Dolph Sharp, anni Sessanta.
(Sanora Babb Papers / Harry Ransom Center / University of Texas, Austin)

Nel frattempo, Joseph R. McCarthy, un senatore junior del Wisconsin, aveva cominciato ad attirare l’attenzione quando affermò di possedere una lista di 205 comunisti iscritti al Partito Comunista impiegati dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e che presto sarebbero iniziati gli interrogatori dell’House Un-American Activities Committee, seguiti da atti del Congresso come il McCarran Act del 1950, che equiparava chiunque avesse un legame con il comunismo a un sovversivo. I membri di organizzazioni comuniste potevano essere privati del diritto di richiedere o rinnovare il passaporto. Per timore di mettere in pericolo le loro carriere, Babb e Howe si trasferirono a Città del Messico, dove la scrittrice continuò a lavorare a racconti brevi e poesie e a redigere il manoscritto del suo secondo romanzo, The Lost Traveler (1958). In Messico, Babb divenne amica di Hal Croves, che si pensava fosse lo scrittore B. Traven, della ballerina e coreografa Waldeen Falkenstein e di numerosi scrittori di Hollywood nella lista nera dell’HUAC, come Albert Maltz.

Babb (con in braccio il suo chihuahua Chico) di fronte a una vetrina che espone il suo primo libro pubblicato, The Lost Traveler, alla Pickwick Books di Los Angeles, 1958.
(Sanora Babb Papers / Harry Ransom Center / University of Texas, Austin)

Dopo essere tornata a Los Angeles, Babb scrisse per il resto della sua vita e pubblicò il suo memoir An Owl on Every Post (1970), due raccolte di racconti brevi intitolate The Dark Earth and Other Stories of the Depression (1987) e The Cry of the Tinamou (1997), la raccolta di poesie Told in the Seed (1998), oltre a saggi e articoli. Più di un mezzo secolo dopo aver inviato il manoscritto alla Random House, riuscì a far pubblicare nel 2004 una versione rieditata di Whose Names Are Unknown, ottenendo un grande successo di critica. «The Los Angeles Times» affermò che il romanzo di Babb sulla Dust Bowl rivaleggiava con Furore di Steinbeck grazie alla sua prospettiva interna e sensibilità verso il tema. Fu finalista sia per il Spur Award del 2005 che per il PEN Center USA Literary Award del 2005. Preceduta dalla morte del marito James Wong Howe nel 1976 e della sorella Dorothy nel 1995, Babb morì all’età di 98 anni il 31 dicembre 2005 a Hollywood, California.

Sanora Babb è una scrittrice il cui talento risiede nella straordinaria capacità di costruire una memoria collettiva di un luogo, dando significato alle Grandi Pianure e ai suoi abitanti attraverso la narrazione delle loro esperienze quotidiane. I suoi scritti, che esplorano le sfide di una coscienza individuale immersa in una vita comunitaria ed ecologica, continuano a risuonare con una potenza sorprendente. La sua voce radicale, che ha saputo dare dignità all’ordinario e affrontare tematiche come la povertà, la discriminazione e l’ingiustizia sociale, è tutt’altro che superata. Non solo nei suoi romanzi, ma anche nelle raccolte di racconti e di poesie, Sanora Babb ha offerto una visione che è tanto moderna quanto universale. Le sue opere, per troppo tempo ignorate, meritano di essere riscoperte, perché la sua voce continua a parlare alle generazioni di oggi, sollevando questioni sociali che non sono mai state così rilevanti come ora. In un’epoca di sfide globali, il suo impegno letterario è una testimonianza della forza di un’identità culturale radicata nelle difficoltà della terra e della gente.

Una delle ultime foto di Sanora Babb, anni Novanta-Duemila.
(Courtesy of Joanne Dearcopp, Literary Executor of the Babb Estate)

Bibliografia
S. Babb, An Owl on Every Post, Muse Ink Press, New York, 2012.
S. Babb, Whose Names Are Unknown, University of Oklahoma Press, Norman, 2004.
J. Dearcopp, C. Hill Smith, Unknown No More: Recovering Sanora Babb, University of Oklahoma Press, Norman, 2021.
I. Jamahl Dunkle, Riding Like the Wind: The Life of Sanora Babb, University of California Press, Oakland, 2024.
E. Royston Battat, Ain’t Got No Home: America’s Great Migrations and the Making of an Interracial Left, The University of North Carolina Press, Chapel Hill, 2014.
M.C. Steiner, Regionalists on the Left: Radical Voices from the American West, University of Oklahoma Press, Norman, 2013.

Ringrazio Zachary Haynes di Babb Estate e di Muse Ink Press, non solo per avermi concesso di tradurre e pubblicare alcuni estratti di An Owl on Every Post, ma anche per il suo prezioso supporto nella mia ricerca su Sanora Babb, permettendomi di portare alla luce una voce letteraria tanto significativa quanto emozionante.

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