Weimar. Il giardino dei piaceri di Granand

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Ambientati tra i club scintillanti e le strade malfamate della Berlino degli anni Venti (con alcune deviazioni a Milano e a Parigi), questi racconti affascinanti, spiritosi e romantici catturano le difficoltà, le fantasie e i trionfi della vita gay nell’Europa tra le due Guerre. Granand scrive di ciò che conosce, con ironia e arguzia, in una forma che gli è familiare grazie alla sua formazione teatrale. In effetti, queste storie si leggono proprio come brevi opere teatrali; non hanno tutte un lieto fine, come molte cose nella vita, ma rivelano con verve ed empatia le complessità del cuore umano, senza giustificazioni o vergogna. Granand, nome d’arte del regista teatrale Erich Ritter von Busse, ha perso la sua battaglia contro la censura bigotta ma ha conquistato un posto di rilievo nella storia della letteratura queer.

«Ci si bacia negli angoli della sala e ci si può persino sedere sulle ginocchia di qualcuno. Altri hanno dimenticato il mondo, la vita e tutto ciò che esiste fuori, sedendosi vicini senza parlarsi, con le mani intrecciate e gli occhi assorti. Si alzano come dei sonnambuli solo quando comincia una nuova canzone e ballano nello stesso intimo intreccio. Credetemi: qui non c’è alcuna finzione! C’è la semplice umanità, dei poveri peccatori, se volete, che non possono fare altrimenti se non essere se stessi».

A cura di Silvia Amalia Di Cocco.

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Granand (1885-1939), nome d’arte del regista e autore teatrale Erich Ritter von Busse, portò sul palco opere teatrali di George Bernard Shaw e Jakob Lenz. Terminata la sua attività teatrale, viaggiò a Berna, Parigi, Londra e in Brasile, il Paese che diventerà la sua futura patria. Si dedicò poi esclusivamente alla pittura fino alla morte nel 1939.

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