La Lady del Levante

Lady Hester Stanhope, dagli agi della vita in Gran Bretagna fino al viaggio in Medio Oriente per ricercare un’autenticità perduta.

Come nel caso di Lady Blessington nominata più volte in Middlemarch di George Eliot, spesso ci capita di imbatterci in personaggi dimenticati o poco conosciuti nel corso delle nostre letture o ricerche. Questo è quello che è successo anche con Lady Stanhope.

Per tutta l’epoca vittoriana, il nome e le imprese di Lady Stanhope furono associati allo spirito di avventura, a echi di un lontano passato, all’indistinto e misterioso bagliore che l’Oriente evocava in una società pragmatica come quella dell’Inghilterra del diciannovesimo secolo. Ma chi era Lady Stanhope?

Nata nel 1776 da Hester Pitt e da Charles Stanhope, Conte di Stanhope, Lady Hester cresce in un ambiente aristocratico e stimolante dal punto di vista intellettuale, tra gli studi scientifici (il padre era scienziato) e la politica (il fratello della madre era William Pitt, il primo ministro britannico). A 27 anni, infatti, Lady Hester lascia Chevening House e si trasferisce nella tenuta dello zio per aiutarlo nella vita sociale e lavorativa, accogliendo i suoi ospiti, conversando con loro e diventando nota fin da subito per la sua bellezza e per le sue spiccate capacità di conversazione.

Chevening House della famiglia Stanhope in una stampa di Jan Kip del 1719.

Dopo aver vissuto tra Londra e il Galles, dove entra in contatto con la gente semplice e spontanea della campagna, comincia a coltivare quelle passioni che aveva dovuto temporaneamente accantonare per soddisfare le necessità dello zio Pitt: si dedica allo studio della medicina e cavalca in solitaria nelle zone montuose e selvagge della regione, sentendosi, come scrive in una lettera a un amico, «nuovamente vagabonda». In questo periodo matura il desiderio di partire, di scoprire cosa c’è oltre i confini della Gran Bretagna. 

L’idea di lasciare i ricordi alle spalle per mettersi in mare in direzione dei caldi paesi del sud, suscita in lei un entusiasmo inscindibile dalla possibilità dell’avventura, sebbene l’itinerario che avrebbe seguito era ancora piuttosto vago, così come la durata del viaggio che comunque non sarebbe stato breve. Non essendo ancora possibile attraversare l’Europa seguendo il percorso del Grand Tour a causa delle guerre napoleoniche in corso, è necessario spostarsi via mare, dato che inizialmente vuole recarsi in Sicilia dove ancora regnano i Borboni grazie alla protezione delle navi inglesi. Più a est, invece, l’unica area d’Europa ancora accessibile agli inglesi è il Peloponneso, che appartiene ancora al vasto Impero ottomano, e dal quale Lady Hester riceve numerose lettere appassionate da un amico che esalta l’ospitalità turca. Non c’è alcun dubbio: il mitico, misterioso Levante sarebbe stato dunque la prossima meta.

Dopo aver trascorso un lungo periodo tra la Sicilia, Malta, Corinto, Atene, Costantinopoli e con l’avvicinarsi della stagione più fredda, Lady Hester decide di rimettersi in viaggio, in particolare perché la vita a Costantinopoli era eccessivamente costosa, i disordini e gli incendi provocati dai giannizzeri ribelli al sultano rendevano poco allettante l’idea di trattenersi nella capitale per un altro inverno. Dopo aver considerato varie possibili mete, opta per l’Egitto, anche se un amico reduce da un viaggio lungo il Nilo aveva raccontato che 6.000 mamelucchi erano appena stati massacrati al Cairo dal pascià Mehmet Ali.

L’arrivo di Lady Hester, dama inglese d’alto rango, suscita grande partecipazione da parte della città egiziana, essendo un evento senza precedenti. Mehmet Ali, infatti, non aveva mai visto una gentildonna inglese prima d’allora e la rende oggetto di grandi onori, accogliendola con cavalli sfarzosamente bardati e preceduti da un ricco corteo che porta, all’uso turco, molti bastoni d’argento, scortandola fino alla porta più interna del palazzo – onore riservato a pochissimi – e addirittura alzandosi in piedi per riceverla in uno speciale padiglione nel giardino del suo harem, che appare a Lady Hester come un luogo fatato.

Le tappe successive del suo viaggio sono Gerusalemme e Damasco. Nella città dove San Paolo venne convertito, Lady Hester rifiuta di ricevere i padri superiori del monastero francescano che si erano premurati di farle visita, e questo per non offendere la sensibilità dei turchi suoi vicini di casa. Accortezze come questa la rendono ben presto assai popolare, unitamente al suo atteggiamento semplice ma autorevole. Nessuno mai osa mancarle di rispetto quando esce a cavallo con la sola scorta del suo giannizzero e del giovane valletto Dallegio.

Il 20 marzo del 1813, la mattina in cui Lady Hester parte finalmente per Palmira, la gente si accalca per le strade per ammirare la sua imponente carovana: ventidue cammelli portano tende, bagagli, legna, provviste e doni; otto sono i carichi di scorte d’acqua e nove di biada per i cavalli; venticinque sono le persone a cavallo e tutti indossano per motivi di sicurezza e di praticità le vesti dei beduini; Lady Hester e la sua guardia del corpo guidano la carovana mentre i servi, tutti armati, formano la retroguardia.

Ormai, per Lady Hester è assolutamente fuori questione ritornare in Inghilterra e decide quindi di guadagnare tempo, trattenendosi per il momento a Latakia per poi spostarsi più a sud e trascorrere l’inverno sulle pendici del Monte Libano, in un grazioso convento che aveva scoperto durante il suo soggiorno a Deir El Kamar.

A questo punto del suo viaggio, però, il Levante le richiede un pesantissimo pedaggio prima di concederle un definitivo diritto di cittadinanza: nel novembre del 1813, infatti, viene colpita dalla peste. In fase di guarigione, è vittima anche di un attacco di malaria dal quale si riprende completamente cambiata, come la malattia avesse fatto emergere al contempo uno stato di tensione nervosa, irritabilità e debolezza fisica che si sarebbe dimostrato irreversibile. Da allora viaggiare diventa per lei uno sforzo e una causa di grande ansia, anche se in seguito non avrebbe esitato a partire ogniqualvolta la sua infaticabile immaginazione e il suo gusto per l’intrigo e l’avventura l’avessero spinta a farlo, né mai si sarebbe tirata indietro di fronte a ciò che riteneva proprio dovere intraprendere, in totale sottomissione a quello che chiamava Provvidenza o stella.

Le prime pagine delle Memorie di Lady Hester Stanhope in tre volumi.

Dalla metà degli anni Trenta dell’Ottocento, Lady Hester si ritira sempre più dal mondo e i suoi servi iniziano a rubare i suoi averi, perché era sempre meno in grado di gestire la sua stessa casa. Si dice che abbia sofferto di una grave depressione oppure che fosse diventata prematuramente senile. Qualunque sia la realtà dei fatti, nel corso dei suoi ultimi anni di vita non riceve visitatori fino a notte fonda, lasciando vedere solo le sue mani e il suo viso, mentre indossa un turbante sopra la testa rasata, usanza orientale che ormai aveva fatto propria.

​​Lady Hester Stanhope muore nel sonno nel 1839 e coloro che visitano il Libano dopo la sua morte, riferiscono che nella sua casa non era stato trovato alcun soldo. 

[…] Ma tu non dovrai temere l’oblio, Hester:
anche se queste pietre saranno distrutte,
la fama manterrà vivo il tuo nome per sempre.

Dedica a Lady Stanhope da Charles Meryon.

Fonte: C. Berton, Sulle vie del Levante. Alla ricerca di lady Hester Stanhope, Stampa Alternativa, Viterbo, 2003.

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